Descrizione
La “Veronica” quale imago pietatis, di Dario Rezza
Viene illustrata la storia della devozione al “Sudario” della Veronica, custodito nella Basilica Vaticana, facendo in modo speciale riferimento all’Opusculum di Giacomo Grimaldi (1568-1623), sottoarchivista del Capitolo Vaticano, che ha raccolto l’estesa documentazione archivistica sul culto tributato a questa immagine attraverso i secoli.
Il particolare rilievo che il “Sudario” della Veronica ha assunto nella storia devozionale cristiana del medioevo, tale da superare, per i pellegrini che venivano a Roma, quello della tomba di Pietro, in quanto ritenuto la vera “effigies Christi”, è attribuibile alla duplice funzione, storica e sociopsicologica, che tale “reliquia” ha esercitato in quel periodo: aveva una realtà funzionale, ben espressa nella preghiera composta da Innocenzo III: la reliquia è indicata come il memoriale lasciato da Gesù quale pegno della visione di Dio nell’eternità. Rispondeva inoltre, in un’epoca in cui la fede era parte essenziale della società, alla necessità di averne nel culto pubblico l’espressione e il simbolo: permetteva di vedere l’invisibile. Vicino a questo lato “cognitivo” sociale, c’era poi quello privato della natura originaria dell’immagine, quale reliquia cui venivano attribuiti poteri speciali di guarigione e di indulgenze.
Al di là di varie recenti ricostruzioni fantasiose, non suffragate da documentazione, è possibile fare la storia di tale devozione costante che nella Basilica Vaticana dal VIII secolo è giunta fino a noi. Poiché la cura del prezioso “Sudario” fu sempre demandata unicamente ai canonici della Basilica di San Pietro, il materiale archivistico in loro possesso costituisce la fonte più qualificata. Rivisitando queste molteplici testimonianze del periodo di maggior espressione di essa, e con brevi cenni al periodo seguente fino ai nostri giorni, viene a delinearsi il valore simbolico e l’aspetto funzionale esercitato da questa reliquia nella storia dei pellegrinaggi a Roma di tanti fedeli, specialmente in occasione degli anni giubilari.
Un’ipotesi di ricostruzione del volto di Cristo, di Mallio Falcioni
Rimanendo fedeli all’iconografia classica, è stata effettuata una ricerca antropologica del Sacro Volto tramite l’interpretazione di diversi studiosi ed artisti. Partendo dalla fotografia del dipinto, donato dalla duchessa Sforza alla chiesa del Gesù in Roma, che è la copia più antica a noi pervenuta della Veronica, è stata tentata un’interpretazione digitale in una modellazione tridimensionale, tramite un software di video-scultura. Pur avvicinandosi alla conformazione del volto, l’immagine non è stata spinta verso il foto-realismo, mancando in essa i vari punti di colorimetria, le cui variabili sono infinite.